I was hoping you'd pass by here

Ghost Music - 'I Was Hoping You'd Pass By Here'

È una stagione così strana, mutevole e incomprensibile, che non sapresti dire se la musica è diventata ormai del tutto un fantasma, dissolta e inafferrabile, o se invece avrebbe bisogno di tornare a esserlo, e se le farebbe bene ricominciare a scomparire in qualche mistero impalpabile, perché non ce la fa davvero più. Musica come fantasma, una figura dai contorni vaghi, forse un'illusione, in ogni caso qualcosa che a che fare con il passato e i ricordi.
Chissà se i Ghost Music, da Southend-On-Sea, Regno Unito, hanno scelto il loro nome proprio ricordando come suonava la musica di un tempo differente. Mentre ascolto il loro nuovo I Was Hoping You'd Pass By Here penso a mille nomi, potremmo giocare alla tombola dell’indie kid oramai over 40: ci sono tantissimo le atmosfere sospese e liquide degli Yo La Tengo, a cui ogni tanto fa da contrappunto un’asciuttezza Silver Jews (ehi, ultimamente tornano in mente spesso). C’è una sorprendente parentesi da vecchi Magnetic Fields (Strange Love), ma ogni tanto si sfiora anche la severità di certi Bedhead (Heart Shaped Holiday).
Insomma, un album che avrebbe tutto per apparire familiare, quasi troppo, e che invece continua a sottrarsi, a sorprenderti con ombre e improvvisi splendori (per esempio, alcuni momenti più pop come Blindspot o Gurl In A Whirl sono capaci di illuminare a ritroso linee genealogiche insospettabili, da Woods a Beat Happening fin su a Byrds e Zombies).
Leggo che la formazione è composta da veterani: Matt Randall e Lee Hall suonavano assieme già vent'anni fa nei Beatglider, poi il primo ha dato vita al progetto Plantman (era passato in concerto anche in Italia!), mentre la sezione ritmica è composta da Roy Thirlwall (già Melodie Group) e Leighton Jennings (dai Dark Globes). Tutti nomi che forse non hanno mai guadagnato troppi titoli su riviste e blog (e che mi andrò immediatamente a recuperare), ma che con questo disco pastorale, elegante, a suo modo sfuggente e ambizioso, hanno dimostrato che quel fantasma di musica che chiamavamo indie rock fatto con le chitarre può ancora essere vivo, vivissimo, e parlare di bellezza come non molti sanno ancora fare.






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