Se ti guardi le scarpe troppo a lungo non ti abbronzi

 Asobi Seksu - 'Citrus' Questo non dovrebbe essere un disco da ascoltare così tanto con questo caldo. Perché è un disco che mi mette agitazione. Un disco in cui c'è tutto quello che serve perché un disco sia mio. Freme ed è malinconico, stende melodie e le copre col rumore, si ferma a un passo dalla confusione e sembra perdersi ciondolando a voce bassa dentro se stesso.
Citrus, secondo album dei newyorkesi Asobi Seksu, è una falena in questa estate 2006. Insiste e sbatte contro quello che non vede più, si fa trasportare quasi indolente anche quando il ritmo è più sostenuto. E non si stanca e non cede, sorretto dagli strati di chitarre di James Hanna.
Difficile che io sappia aggiungere parole a quelle di Max per raccontarvelo, ma Citrus, rigoglioso di colori (l'artwork è un altro capolavoro di Sean McCabe), resta sempre una spanna avanti a ogni spiegazione che tento di darmi. Mi contraddice in tutto, a cominciare dal momento in cui mi ha colpito al cuore. Non dovrebbe essere un disco da macchina, eppure ero lì, una mano sul volante e un braccio fuori, capelli scomposti mentre macinavo chilometri, il sorriso all'estate proprio davanti a me.
Sarà per la voce di Yuki, ora sottile e solitaria (ma lontana da ogni sterilità alla Kazu Makino), ora all'improvviso più calda, addirittura imbronciata. O sarà perché il quartetto di New York di nome fa "sesso giocoso", e più che di filologismi shoegazer, imbastisce le sue canzoni con schermaglie di amanti, ora divertite e ora impetuose. Oppure sarà perché sembra tutto così semplice, basta lasciarsi andare, e invece è ancora tutto dannatamente troppo complicato.

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