Did you see the stylish kids in the riot?

Probabilmente lo spettacolo offerto ieri sera da Carl Barat 15 euro non li valeva.
Troppi per perdonare all'ex Libertines le parole dimenticate di Time For Heroes suonata senza voglia e unplugged in apertura di concerto, e troppi per sopportare ancora manici di chitarra usati come portasigarette e sorsi da star alla bottiglia di whisky per riempire le pause tra un pezzo e l'altro.
Troppi per poter credere davvero che l'irruenza disordinata di quattro ragazzi sopra un palco sia sempre sinonimo di energia e rock'n'roll (meglio allora andarsene una sera all'Atlantide), e per poter tollerare che una certa aria di sufficienza sia praticamente dovuta se sei un cocco di NME, nonostante la sala in fiamme davanti a te stia saltando e sudando, e ti adori e conosca le parole delle tue canzoni meglio di te.

Perché ieri sera il pubblico dei Dirty Pretty Things il prezzo del biglietto lo valeva tutto.
Bisognava essere lì solo per tutti quei kids che al Covo non avevo mai visto e che temo non vedrò prima di qualche anno.
Erano tanti, non me l'aspettavo, e tanti erano inglesi o americani, che ai concerti fanno sempre la loro figura.
Esausti dopo il ballo e bellissimi per quello, con i vestiti giusti e la grazia spontanea dell'adolescenza, si abbracciavano e avevano perso la voce a cantare, spensierati come chi non sa che certe parole mandate a memoria a quell'età poi non si dimenticano più, anche se ormai sembrano valere così poco per chi le ha scritte.

Insomma, diciamo che ieri sera mi sono divertito nonostante i Dirty Pretty Things.
Una recensione migliore la trovate da Valido.

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