Dischi della domenica

Forse erano solo i postumi del sabato sera, ma con il vento che tira (solitamente contrario alla direzione della mia bicicletta) in questo clima da aquiloni non è difficile prendersi un'influenza al volo.
Così ieri, steso dal mal di testa, ho riascoltato a occhi chiusi un paio di dischi che secondo me stanno benissimo in queste domeniche pomeriggio di primavera, fredde e soleggiate.

Il primo l'avevo visto segnalato un mese fa da Palomar, blog fra i miei preferiti, che di solito si occupa di letteratura.
Dopo aver letto il suo post, quella sera ero entrato in un negozio di dischi in cui non ero mai stato, e avevo immediatamente incrociato lo stesso sguardo di occhi socchiusi sulla copertina acquerello del disco.
Non poteva trattarsi di un semplice caso, e così senza pensarci due volte avevo preso questo Renaissance di Philippe Eidel, uscito l'anno scorso e passato praticamente inosservato.
Ero stato avvertito che il primo ascolto non sarebbe stato facile, e infatti i sonetti di Michelangelo messi in musica dall'artista francese (di origine creola) non sono propriamente canzonette da fischiettare. Ma l'innegabile fascino del progetto, attraverso l'utilizzo di suoni ruvidi e discontinui per rendere l'atmosfera del sedicesimo secolo, oltre all'apporto delle voci di Vinicio Capossela, Lucio Dalla e Lucilla Galeazzi (cantante e ricercatrice di musica popolare), poco a poco si insinua nell'ascolto. Un'esperienza direi unica, nel mio personale e modesto panorama sonoro, anche se non sarà facile passare un pezzo in radio.

Il secondo disco, più in linea con il mood phighetto di polaroid, è quello di Carla Bruni. Lo ammetto: era più scontato che una bella modella dalla voce seducente in compagnia di una nuda chitarra acustica e qualche sigaretta fosse capace di alleviare un mal di testa, ma ho suonato e risuonato Quelqu'un m'a dit (che, mi accorgo ora, è stato pubblicato in Francia dalla stessa etichetta di Philippe Eidel, la Naive) fino a sera tardi senza stancarmi.
Quella meno riuscita fra le dodici canzoni dell'album mi pare sia proprio l'unica che già conoscevo (ehm, la cover di Gainsbourg io proprio non l'avevo riconosciuta): ovviamente la versione francese del "Cielo in una stanza". Perché ha sentito il bisogno di modificare le parole cantate in italiano della seconda parte? Certo, a una come la Bruni si perdonano questi e altri capricci, e in radio, dopo la rubrica dell'aperitivo de La Laura, ci starà proprio bene Le Toi Du Moi.

Ma ormai la domenica è passata, e la primavera ha bisogno di altra musica. Vi anticipo che ho voglia di sentirmi molto twee...

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