Non fatevi illusioni: La locanda della felicità è già sparita un quarto d’ora dopo l’inizio del film.
Sembra proprio che non sia più il tempo di trovate romantiche e allegre come quella dell’autobus abbandonato e riconvertito in rifugio a pagamento per amanti di città.

L’ultimo film di Zhang Ymou racconta anche questo. Non vi svelerò altro (le sinossi sui quotidiani dicono già abbastanza) di questa storia.
Quello che vale la pena di scoprire di persona è il modo in cui è reso da Ymou il mondo cinese contemporaneo. Si respira un’aria leggera di fiaba, si passa attraverso la commedia (mimica, gusto per l’equivoco), si sbatte la faccia sul dramma senza quasi accorgersene.
Non è così la vita? Non può essere raccontata in questo modo?

Nel mondo della "Locanda della felicità" tutti scavalcano diverse volte il confine tra verità e invenzione, mentendo di continuo, anche a se stessi. Perciò un appello alla speranza può risultare involontariamente comico, o autoironico. Ma non è così. Non funziona secondo logica (questo film, leggero, e forse anche la vita). La bambina cieca guarda bene avanti.

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