We had some good times

Ben Seretan

Trentuno di agosto, tempo di bilanci. Amo fare i nastroni prima delle vacanze, e mi sono divertito davvero un bel po' con quello di quest'anno, ma qual è il disco che mi porterò dentro, alla fine di quest'estate 2015? Nonostante le molte cose buone uscite questa stagione in area indiepop, il suono a cui tornavo sempre, nei momenti migliori di questi ultimi mesi, il rifugio che mi sono scoperto a cercare più spesso è stato invece un altro: l'album di Ben Seretan. Uno che per presentarsi comincia citando Alice Coltrane e Pharoah Sanders. Ma io che ne so? So soltanto che ogni parola di quella pagina è importante.
L'antefatto è già stato raccontato diverse volte: Andrea Pomini scopre via Nodata questo singolare chitarrista statunitense, se ne innamora e decide di ristamparlo sulla sua Love Boat Records. Comincia un'opera di evangelizzazione infaticabile, finalmente riesce a portare Seretan in tour in Italia, e la lunga serie di date dello scorso luglio (solo chitarra e voce, ricordiamolo) lascia dietro di sé una scia di fan allibiti ed estasiati. Convertiti, viene da dire.
Il fatto è che la musica di Ben Seretan sembra crearsi senza traccia e senza limiti. Respira una luce estesa, e tu ti ci ritrovi dentro, senza direzione ma non smarrito, ti lasci cullare, adatti le pulsazioni del tuo cuore alle sue modulazioni. A tratti sei ebbro, travolto da quelle fragorose ripetizioni (il crescendo di Ticonderoga), altre volte è pace limpida (i brividi negli arpeggi amorosi di My Lucky Stars). Non hai voglia di farti venire in mente altri riferimenti, dischi o band. I pensieri vanno invece alla deriva per una serenità inusuale, che non ha bisogno del tempo e dei nomi. Mi spingo a dire che ti viene consegnato un elemento spirituale in forma di canzoni, e non sto parlando di niente di religioso: "la questione è di rendersi conto di essere vivi", come Seretan spiega nell'intervista a Radio Città del Capo.
I testi sono composti da poche parole, per essere composizioni lunghe anche sei o sette minuti. Ma sono parole di una sincerità rara, che ti arrivano addosso con un'autenticità assoluta: "You are a blessing on the world / Your bright smile in the morning" (Blues for Ian M. Colletti). È una questione molto personale, ma la prima persona compare di rado: "I'm the kid with feelings hid" (The Confused Sound of Blood In A Shining Person). Sono istantanee fugaci, dietro cui non occorre sapere altro. Alla fine, quello che sembra contare di più è l'equilibrata saggezza, l'intensa consapevolezza che la stessa musica trasmette: "You will be stronger tomorrow / You will be wiser tonight / You will find new love without warning / You will find new joy with every breath” (Light Leaks). Ben Seretan ha scritto dappertutto, anche sulla propria pelle, un semplice motto: "ecstatic joy". Ed è tutto quello che ho trovato e continuo a trovare dentro questo disco.



Ben Seretan - Light Leaks

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