Hipster e morte


«Se vado in una catena di abbigliamento svedese, ad esempio quella che ha per nome due iniziali unite da una congiunzione, e vedo una ‘camicia da hipster’, nel momento in cui compro ed indosso quella camicia, essa muore, smette di essere una camicia da hipster. Arrivato a casa, lo specchio restitutisce l’immagine di un triste imitatore di un hipster. Ecco però che mentre tento di liberarmi della camicia da finto-hipster, improvvisamente e magicamente essa comincia a sprigionare una nuova luce simbolica e si trasforma in una ‘camicia da finto-hipster indossata ironicamente come se fosse una camicia da hipster’. [...] Il ciclo vita / morte / resurrezione del valore simbolico di un prodotto sembra procedere sempre più velocemente e a caso, come una pallina in un flipper.»

Giacomo Bottà, Gli hipster e la morte, su Argo - via Nazione Indiana

Giacomo, già Interflug e ora Jaakko, tenta l'imposibile e prova ad analizzare la presunta fine della'idea di hipster (sempre che non voglia dichiararne la morte per poter poi dire di essere rimasto l'ultimo autentico hipster). Mi piace questo paragrafo sulla merce, accademico ma al tempo stesso ancora molto attuale. Sarebbe interessante leggerlo non solo in relazione alla moda e ai consumi, ma anche in connessione (causa? effetto?) all'eterno presente in cui da un po' sembra di essere immersi (e a proposito del quale proprio ieri Inkiostro segnalava un intervento di Coupland).

(photo by Dent May)

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