Il sonno dell'uomo medio

Zach Braff nel film 'Garden State' - foto di K.C.Bailey"Hey Ben, che cosa fai?"
"Vado alla deriva. Qui in piscina".


Questa battuta da Il Laureato mi è sempre sembrata tra le più geniali e formidabili immagini dell'adolescenza (e se non ricordo male lo scambio avviene proprio tra Dustin Hoffman e il padre). Per intenderci, a livello di quella di Bart Simpson su come deprimere i teenager sia facile quanto sparare ai pesci in un barile.
C'è la pigrizia, la voglia di perdersi e dannarsi. Tutto però dentro il regolare perimetro della piscina di famiglia.
Ognuno per qualche tempo ha avuto in qualche modo la propria piscina e ha creduto di andare maledettamente alla deriva. Quel genere di cose che quando ti allontani dalla giovinezza dimentichi del tutto oppure cominci a mitizzare in maniera insopportabile.

Ci sono un paio di scene in piscina anche dentro Garden State, il film di Zach Braff che qui da noi uscirà questa settimana, ma Il Laureato mi è venuto in mente in un altro momento, in un dialogo con il padre che potrebbe essere carico di tensione e che invece resta curiosamente "sotto vuoto" (e secondo me la cosa non guasta).
Large, il protagonista, dice al padre "I'm okay with being unimpressive. I sleep better". Ed è esattamente il momento in cui i conti con l'adolescenza si chiudono, si esce dalla piscina (qui gli psicofarmaci) e si è pronti per qualcosa di nuovo. Fosse anche soltanto un bel sonno, finalmente (o una storia con la Portman, che non fa mai male).
Poco dopo aggiunge qualcosa come ho aspettato per 26 anni che la mia vita cominciasse, e invece era già qui, che non può non ricordare qualcosa ai lettori di Coupland.

Non sapevo per fortuna quali fossero le grandi aspettative nate intorno a questo film, del resto mi pare che la "portata generazionale" di Garden State si fermi qui, e quindi me lo sono goduto per quel che è: una buona commedia intelligente americana, che racconta la sensazione di non appartenere più alla casa in cui si è cresciuti, ambientandola con garbo in una certa provincia (dove i traumi e la felicità sono ugualmente attutiti) e che ogni tanto dimostra di avere una brillante immaginazione. L'eredità da sit-com di Braff a volte si può intuire, ma non è mai un problema.

Natalie Portman: a volte può sembrare un po' la propria caricatura ma forse è il personaggio (lo stile registico?) di Braff a richiederlo. In questa storia di ritorni a casa e sentimenti che nascono mi ha subito ricordato il suo personaggio in Beautiful girls di Ted Demme (1996), film nel quale era inevitabile innamorarsi di lei. Qui si sfiora un po' l'effetto Beverly Hills 90210, dove attori ormai di mezza età fanno ancora il liceo, eppure la Portman non ha neanche ventiquattro anni.

Infine, della colonna sonora (vincitrice di un Grammy come Best Compilation Soundtrack) con Shins, Iron & Wine, Thievery Corporation, Zero 7, Nick Drake e Simon & Garfunkel, immagino sappiate già tutto.
Mi limito a dire che la scena con "gli Shins ti cambieranno la vita" sembra parecchio paracula ma ci sta, anche se fa un po' Jack Frusciante è uscito dal gruppo.

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