Scena nelle Valli

Dopo un po' di anni che da profano frequento concerti, radio e negozi di dischi, sono giunto alla conclusione che quello che dalle nostre parti continuiamo a chiamare "indie rock" è un fenomeno ben strano.
Mi pare di capire che con questa etichetta si intende conferire carattere di "indipendenza" a tutto quella musica che non è "mainstream", ovvero prodotta su scala industriale e offerta in maniera massiccia attraverso canali di comunicazione "alti".
Di conseguenza, molta parte di ciò che è considerato "indie" si distingue per una serie di scelte sia estetiche che commerciali differenti, a volte precarie o improvvisate, a volte ingegnose e di successo.

E di conseguenza, ancora, la gente che sta intorno a questo mondo sviluppa, per natura, un gusto che considera del tutto originale. Soprattutto, fa di questa ricerca di originalità e purezza uno scopo assoluto e inderogabile. La gente dell'indie rock pontifica ad ogni occasione: a proposito di quali dischi sono davvero importanti per capire la storia della musica e quindi il senso della vita, quali magliette è corretto portare e quali no, quali tagli di capelli sono da reputare "indie", quali artisti dj club giornali giornalisti siti web sono abbastanza "indie" da meritare attenzione.

Inoltre, questo sistematico processo di selezione non ha mai fine, poiché il valore di certi "punti fermi" (un gruppo, un'etichetta discografica, una marca di scarpe) ha senso soltanto nel continuo, incessante, ossessivo confronto con l'ultima novità: nuovi gruppi, nuove etichette, nuove marche di scarpe nasceranno e periranno sotto il sole. E le generazioni degli indie kids saranno là a giudicare: questo è veramente figo, quello è troppo sputtanato, questo è "seminale", quello non è niente di nuovo, questo è imperdibile, quello è (tremendo anatema) "da sfigato". Tutto ciò che non è "indie" diventa spesso "da sfigato" ed escluso.
Un aspetto dell'atteggiamento "indie", infatti, si può rappresentare come un acquario molto piccolo dove i pesci non si mangiano a vicenda, ma cercano di buttare fuori tutti gli altri.

Ho sentito molte persone criticare la situazione megafestival da diversi punti di vista (esibizioni di mezz'ora, affollamento, caos) e la frase che in questi giorni a Bologna si sente più spesso a proposito dell’imminente Flippaut è “credo che andrò via prima”.
È probabile che succederà proprio così: una decina di indignati si allontanerà verso l’ora di cena mentre qualche altro migliaio di ragazzi scalcianti prenderà il loro posto. Alla fine dei conti credo che poche persone muoveranno il culo per spostarsi da Bologna e andare a cercare il Festival Musica Nelle Valli, organizzato da Fooltribe, che quest'anno si svolge a Finale Emilia (MO).

Quelli che negli Scritti sulla Musica curati da Nick Hornby vengono definiti Rock Snob sono davvero tanti, e troppe volte pure io ne ho impersonato una copia sbiadita. Ma l’anno scorso, e quello prima, a Musica nelle valli mi era sembrato di vedere qualcosa di diverso.
Certo, là non ci saranno White Stripes e The Kills, né Evan Dando e Cursive, ma allora bisogna mettersi d'accordo su cosa vogliamo che sia l’indie rock. Non m’interessa una definizione, che poi si arriva al solito cinismo della scena: datemi solo un po’ di entusiasmo sincero, di divertimento e qualcosa da imparare dalla musica.

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